RECENSIONE FOLKPOLITIK SU FOLK ROOTS
Sul numero di dicembre 2012 di Folk Roots, la più autorevole rivista europea di world music, è uscita la recensione al CD di Stefano Saletti e la Piccola Banda Ikona "Folkpolitik". L'ha firmata Michael Hingston e dice: "Folkpolitik is a cohesive body of work that is carefully constructed and beautifully performed".
Per leggere la recensione completa in inglese clicca qui.
RECENSIONE FOLKPOLITIK SUL GIORNALE DELLA MUSICA
Sul numero di dicembre 2012 del "Giornale della Musica" bellissima recensione di "Folkpolitik" realizzata da Ciro De Rosa. Clicca qui per leggere il testo.
RECENSIONE FOLKPOLITIK SULLA BRIGATA LOLLI
"Ci sono dischi che ti convincono dalla prima nota ed altri che hanno bisogno di più tempo per manifestarsi. Altri ancora che convincono da prima: dal titolo. O dalla copertina. "Folkpolitik" ha tutte queste qualità: un titolo intrigante, una bella copertina, una ditta di sicura affidabilità e convince dalla prima all'ultima nota. Convince perché, pur essendo un album di cover è anche un concept album. Il motivo lo spiega Stefano Saletti nelle note introduttive del libretto..."
Per leggere tutta la recensione di Leon Ravasi (aka Giorgio Maimone) sulla Brigata Lolli, clicca qui
INTERVISTA A STEFANO SALETTI E RECENSIONE SU BLOG FOLK
"Un disco coi fiocchi per chi chiede alla musica pensiero ed emozioni...". Lo scrive Ciro De Rosa in questo articolo per Blog Folk. All'inizio, una lunga e bella intervista con Stefano Saletti per raccontare com'è nato Folkpolitik.
Per leggere intervista e recensione,
clicca qui.
RECENSIONE FOLKPOLITIK SU PAESE SERA
"Folkpolitik colpisce al cuore e la Piccola Banda Ikona raggiunge il suo scopo: dimostra ancora una volta la forza della musica popolare come voce del popolo. Nella gioia e nelle sconfitte". Questo scrive Silvio Di Francia su Paese Sera. Per leggere tutta la recensione, clicca qui.
RECENSIONE FOLKPOLITIK SU RARO
Sul numero di luglio di Raro, ecco la recensione a firma di Tonino Merolli del nuovo CD "Folkpolitik". Per leggere la recensione, clicca qui.
SLOWCULT, ON LINE LA RECENSIONE DEL CONCERTO ALL'AUDITORIUM
Pubblicata sul sito di arte, musica e cultura Slowcult la recensione del concerto di Stefano Saletti & Piccola Banda Ikona che si è tenuto il 15 maggio all'Auditorium Parco della musica di Roma. Per leggere il commento e vedere la galleria fotografica a cura di Fabrizio Forno, clicca qui.
INTERVISTA DI STEFANO SALETTI SU METRO
Ecco il link per leggere la bella intervista di Stefano Milioni pubblicata sul quotidiano Metro del 14 maggio 2012
FOLK ROOTS
Giugno 2008
Click here for English version (in pdf)
"Il musicista e compositore Stefano Saletti ha fatto parte di diversi progetti musicali. Ha composto colonne sonore per film e programmi tv; ha scritto una suite basata su Le Bateau Ivre di Arthur Rimbaud e ha collaborato con numerosi musicisti e ensemble. Il suo ultimo lavoro, Marea cu sarea, è suonato dal suo gruppo Piccola Banda Ikona, sebbene con otto membri stabili e qualche ospite, non sia così piccola.
Il materiale è soprattutto composto da Saletti, ma le liriche sono in gran parte cantate nella lingua franca marinara, il Sabir, una mistura di spagnolo, italiano, francese e arabo, usata da marinai, pirati, pescatori, mercanti e armatori.
Marea cu sarea è un proverbio rumeno che tradotto letteralmente suona "promettere il mare con il sale" (promettere l'impossibile).
Un'eccezione alle liriche in sabir è il pezzo d'apertura "Elee", in cui le parole sono in aramaico. Una traccia che è sette minuti di intenso piacere. Si apre con l'oud di Saletti su un lento pulsante bordone seguito dall'ondulato violino di Carlo Cossu a cui si aggiungono le dolci e splendide voci di Barbara Eramo e Ramya. La canzone si va gradualmente costruendo poi con il sax soprano di Gabriele Coen e le percussioni di Leo Cesari in un arrangiamento ricco di intrecci musicali.
L'album continua con musiche ben dettagliate, che combinano influenze arabe, balcaniche, greche, sefardite e del sud d'Italia che occasionalmente si inseriscono ritmi e stili più contemporanei.
C'è anche una versione strumentale dal sapore arabeggiante del pezzo di Rodgers e Hammerstein "My Favorite Things".
C'è una equa varietà di atmosfere nei pezzi. "Fuori di me" è una canzone riflessiva, spaziosa, tinta di jazz, "Sabir" combina i sapori del reggae con una melodia araba e "Famu chiovere Sali" è un'intensa canzone dal ritmo lento arricchita dai tanti dettagli strumentali e le inventive linee di basso di Mario Rivera.
Questo è un album meraviglioso dove tutti i diversi stili sono integrati in modo magnifico. La sola occasione in cui il gruppo si discosta è su "Opsada" (che comunque possiede bei momenti e un interessante solo di sax) e sul limitato beat elettronico del remix di "Marea cu sarea".
SONGLINES
Giugno 2008
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"Il Sabir è una lingua franca marinara che si parlava, una volta, nei porti del Mediterraneo. In questo lavoro, che fa seguito al meraviglioso album d'esordio della Piccola Banda Ikona del 2005, il Sabir diventa una metafora per l'incontro e l'unione tra popoli e culture. Il compositore e multistrumentista Stefano Saletti (al bouzouki, oud, baglama, chitarre, piano, percussioni e programmazioni) è il leader del progetto, che racchiude i principali nomi della world music italiana come il bassista Mario Rivera, il fiatista Gabriele Coen, il violinista Carlo Cossu, più le cantanti Barbara Eramo e Ramya.
Il titolo del cd deriva da un proverbio rumeno che significa promettere il mare con il sale, cioè promettere e non mantenere. Qui, invece, la promessa di un album che mescola differenti melodie tradizionali del Mediterraneo, modi e sonorità dentro un sincretico insieme, è mantenuta.
Il brano di apertura, "Elee", cantato in aramaico, e la title-track "Marea cu sarea" sono caratterizzate da un ipnotico tessuto di corde, elettronica contemporanea, e calde voci femminili piene di pathos.
Una tragedia di oggi è narrata in "Anpalagan" una canzone sull'affondamento di migranti sulle coste della Sicilia nel 1996, mentre sia "Fuori di me" sia "Opsada" richiamano la guerra civile in Bosnia.
"Famu chiovere sali" adatta un testo siciliano tradizionale, le atmosfere seduttive di "Sabir" si sviluppano partendo da una melodia ebrea-yemenita e "Benda Benda" è basata su una villancico spagnola del 16.mo secolo scritta in Sabir. Lo standard "My favorite things" è una irresistibile versione dal sapore mediorientale. Segue una ulteriore cover - un "classico" di Domenico Modugno, "Amara terra mia" - questa volta caratterizzata dalle delicatezze vocali di Barbara Eramo e Ramya.
Il disco si chiude con una versione della title-track riarrangiata in stile trance dal Dj Ominostanco. Il giusto coronamento a un grande lavoro".
SLOWCULT
Maggio 2008
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PICCOLA BANDA IKONA : What a wonderful world (music) – Roma, Auditorium Parco della Musica – 28 aprile 2008
di Fabrizio Forno
Siamo solo al secondo album, eppure quanta strada è stata fatta dalla Piccola Banda Ikona….
Rispetto alle precedenti esibizioni, anche recenti, il concerto dell’Auditorium testimonia un grosso passo in avanti in termini di affiatamento della band, di repertorio più solido e vario ed anche di maggiore disinvoltura sul palcoscenico.
In occasione della presentazione del nuovo lavoro, pubblicato per l’etichetta Finisterre, la Banda guidata dal polistrumentista Stefano Saletti ha mostrato una maturità ed una convinzione dei propri mezzi davvero sorprendente. A questo salto di qualità contribuiscono sia i brani del nuovo album, che rendono indubbiamente più consistente e variegato l’universo musicale della Piccola Banda, sia il discreto, solo apparentemente marginale ma fondamentale contributo della fisarmonica di Desirè Infascelli, recentemente unitasi al gruppo. Il suono risulta più compatto, le armonie più ricche e Saletti, alleggerito nel compito di accompagnamento, si muove più liberamente negli intrecci melodici con gli altri solisti, il violinista Carlo Cossu, il monumentale basso di Mario Rivera, reduce dall’esperienza con gli Agricantus ed il grande Gabriele Coen proveniente come il batterista Leo Cesari dall’esperienza dei Klezroym.
Tra i brani del nuovo CD, intitolato “Marea cu sarea” (che In romeno significa promettere e non mantenere) , meritano una particolare menzione Elee, con il quale hanno aperto il concerto, Anpalagan, ma soprattutto la trascinante title track, brano dal ritmo irresistibile ed accattivante, che su CD è presentata anche in versione remix a cura del mago dei suoni Omino Stanco, senza dimenticare un’imperdibile versione di My favorite things, dal repertorio di John Coltrane, che raggiunge il non facile obiettivo di unire in modo inusuale e non scontato il jazz alle melodie del sud del mondo, caratteristiche del suono della Banda.
I brani cantati dalle splendide voci di Ramya (già con i Nuklearte) e di Barbara Eramo, sono in Sabir , una sorta di esperanto dei marinai che popolano il Mediterraneo, sviluppatosi nei secoli utilizzando gli idiomi ed i dialetti dei porti che si affacciano sul Mare Nostrum, a testimonianza della mescolanza di suoni razze e culture che rappresentano la cifra stilistica di Saletti & c.
La scelta di utilizzare questo antico idioma risale alla precedente esperienza di Stefano Saletti con i Novalia, gruppo seminale della musica etnica italiana degli anni novanta che già dal 1989, in un album intitolato proprio “Sabir” mettevano al centro delle proprie scelte l’incontro e la possibile interazione tra culture, linguaggi, sonorità differenti.
Proprio ricordando i Novalia, sarebbe stato bello rivedere sul palco il loro cantante Raffaello Simeoni, la cui energia e presenza scenica, unite ai cento strumenti con i quali è solito accompagnarsi, avrebbero reso la serata ancora più intensa , vivace e festosa.
Tornando alla cronaca del concerto, ovviamente non potevano mancare i brani del primo album ‘Stari Most’, più legato a sonorità balcaniche, con un paio di classici come Paian e e la suggestiva Tagama, accolti con particolare calore da parte del non molto numeroso ma attento pubblico del teatro Studio dell’Auditorium.
Particolarmente significativa la scelta del brano scelto come bis a concludere la serata: Amara terra mia , un vecchio brano di Domenico Modugno, quasi a riannodare il sottile filo che unisce le sofferenze e gli stenti degli emigranti di ieri a quelli di oggi.
Una degna chiusura di una bella serata di musica: Piccola Banda cresce….
BRIGATA LOLLI
Giugno 2008
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MONDOMIX
Giugno 2008
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REPUBBLICA
28 aprile 2008
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UNITA'
28 aprile 2008
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TROVAROMA
24 aprile 2008
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WORLD MUSIC
gennaio-febbraio 2008
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REPUBBLICA
31 gennaio 2008
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CORRIERE DI RIETI
21 novembre 2006
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METRO
29 novembre 2006
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REPUBBLICA
21 novembre 2006
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REPUBBLICA
9 febbraio 2006
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IL FOGLIO
Francesca Bellino - 29 luglio 2006
Musica parlante - Clicca qui per leggere l'articolo (in pdf)
FOLK ROOTS
Ian Anderson - gennaio 2006
English version
"Se non siete informati sul fatto che Stefano Saletti è stato fondatore dei Novalia, il cui celebrato inno Ebla abbiamo presentato su fRoots numero 8 e che rimane un classico, le vostre orecchie potranno ascoltare qualcosa di simile in Stari Most.
La traccia n. 2, la gloriosa Tagama, con il bouzouki, una programmazione sofisticata e la amabile voce di Ramya dei Nuklearte, vengono fuori assolutamente dalla stessa matrice. Piccola Banda Ikona è una collezione di prima qualità di persone provenienti dalla scena world italiana, inclusi, tra gli altri, Agricantus, Klezroym, Nando Citarella ed altre formazioni.
Il tema, ancora, è "pan-mediterraneo" ed il bouzouki o l'oud sono i tessuti centrali, ma qui c'è una più grande e profonda creazione in studio, un progetto che mette insieme diverse culture, radici musicali e linguaggi dal Serbo-Croato all'Arabo all'interno di panorami epici.
Questo genere di cose potrebbero facilmente essere considerate una fusion sintetica, che normalmente ospitiamo nelle colonne della rubrica "And the Rest", ma se provengono da autori, musicisti e cantanti con così tanto talento, passione e capacità evocativa, si tratta di pura magia.
E per qualche motivo, gli italiani spesso raggiungono quest'obiettivo meglio degli altri - probabilmente perché loro vivono veramente in un incrocio culturale, storico e geografico, circondato dall'intero Mediterraneo".
WORLD MUSIC
Daniele Bergesio - gennaio 2006
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"Il 9 novembre del '93 è scomparso un simbolo di unione delle civiltà vecchio di millenni grazie a una sconsiderata azione di pochi secondi: una granata croata distruggeva per sempre lo Stari Most, ponte vecchio di Mostar che incarnava il contatto tra Oriente e Occidente. A lui è dedicato il lavoro di Stefano Saletti e della sua Piccola Banda Ikona, che attraverso un uso delicato dell'elettronica a fianco di strumenti tradizionali dall'intero alveo del Mediterraneo getta ponti tra la Sicilia, il Nordafrica, la Grecia, la Turchia sino alla Francia, l'Africa più nera e Israele. Tanti Mediterranei, qui, e non il polpettone panculturale tanto di moda, espressi con delicatezza e passione, vigore misurato nei vocalizzi di Ramya e nel polistrumentismo di Saletti, che è il fattore che più sposta gli equilibri nel CD. Gli episodi più rividi sono preferibili ad alcuni passaggi forse troppo 'morbidi', ma è un concept album che vale molto, in una prospettiva di world music intelligente".
ROCKSTAR
Paolo De Bernardin - **** - giugno 2005
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"Nato dalla mente di Stefano Saletti (fondatore e leader dei Novalia), il
progetto Banda Ikona raccoglie una folta schiera di "star" del panorama
etnico italiano con elementi di gruppi popolari come Agricantus, Klezroym,
Nuklearte, Acustimantico, Novalia, Nidi d'Arac. Un bell'amalgama di suoni e
di esperienze in nome di una cultura mediterranea che si riflette nel
celebrato Ponte di Mostar, antico faro e simbolo di coesistenza di
differenze religiose per quattrocento anni, prima che fosse distrutto
dall'infame guerra di Bosnia. Siciliane, ebree, arabe, serbo-croate,
francesi e greche sono le lingue di questo progetto davvero affascinante
che ha il respiro delle migliori produzioni internazionali. Per la speranza
di un traguardo nella ricostruzione di quel simbolo di pace e tolleranza
che è stato lo Stari Most".
IL MANIFESTO - ALIAS
Stefano Crippa - (giudizio: gustoso) - 25 giugno 2005
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"9 novembre 1993: la granata croata che abbatté lo Stari Most, il ponte vecchio sulla Neretva che univa da 400 anni oriente e occidente, apriva una ferita nel cuore dell'Europa. Un simbolo di dialogo fra varie religioni e etnie veniva distrutto in pochi istanti. Stefano Saletti in temporanea vacanza dai Novalia, si dedica al suo progetto solistico ispirandosi proprio al ponte; ecco allora possibile l'unione fra mondi lontani in un ideale crogiuolo di lingue e in un dedalo di musiche e strumenti, antichi e moderni. Una fusione particolarmente riuscita nella struggente e evocativa apertura di Pleiades con le belle voci di Elvira Impagnatiello e Ramya che si alzano e flettono nel difficile canto. Lo aiuta nella fase produttiva ed esecutiva Mario Rivera con il supporto degli amici della «Piccola banda ikona».
AVVENIMENTI
Emiliano Coraretti - 22 luglio 2005
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"Le ferite di guerra lasciano sempre cicatrici profonde. E spesso rimarginarle diventa una cura che neanche lo scorrere degli anni può davvero affrontare. Dalla guerra in Bosnia e dalla distruzione dello Stari Most, il ponte di Mostar, simbolo del dialogo tra Oriente e Occidente, sono passati dodici anni. Di quelle rovine si avverte ancora la polvere e il peso che l'attuale politica europea non riesce a trasformare in prospettive future. Cantarne la storia diventa, quindi, il modo migliore per trasformare le atrocità della guerra in speranza di pace. Stefano Saletti, leader dei Novalia, chiama a raccolta la sua Piccola Banda Ikona e crea Stari Most (Cni), disco in cui l'ebraismo e il siciliano, i ritmi dell'Oriente e la fantasia sonora della world music, disegnano un mondo dove l'incontro tra popoli diversi è ancora possibile. "Chayalim", "Pleiades", "Atelà", diventano allora l'invito a ricordare la storia attraverso la gioia del canto. Perché con la musica è ancora possibile costruire. Soprattutto lì dove la mano dell'uomo assetato di potere ha solamente saputo distruggere".
L'ISOLA CHE NON C'ERA
Giovanni Pietro Scazzola - maggio 2006
"Stefano Saletti è certamente una delle pietre che cementeranno il nuovo
ponte tra Occidente e Oriente oltre i confini puramente geografici. Sarebbe
troppo semplice affermare che Stari Most ogni tanto suona come gli
Agricantus perchè ci suona Mario Rivera, o può ricordare a tratti i
Klezroym per via del contributo di Gabriele Coen, o richiamare le sonorità
di Novalia e Nuklearte grazie alle performances di Giovanni Lo Cascio e
dello stesso Stefano Saletti o di Ramya. In fondo, in un disco ognuno ci
sente un po' quello che vuole. Qui quello che conta è l'intento ispirativo:
riempire di sangue ritmico e melodico le vene serbo-croate, siciliane,
ebraiche, arabe e greche che partono e portano dal/al comune cuore
mediterraneo. Nel proporre progetti stilistici del genere, il rischio è
quello di scadere in facili commercialistici e superficiali
intrattenimenti. Non qui. Giocando con la misura degli arrangiamenti e la
qualità degli interpreti, complice un ottimo livello d'incisione (cui
magari ci siamo abituati, ma da non dare mai per scontato), il lavoro
condensa le energie migliori, di testa e di cuore, belle espressioni
strumentali e vocali e genuina creatività musicale. le altre pietre del
ponte le metteremo noi, una per una, ogni volta che presteremo attenzione
ai suoni di dischi come questo".
IL SETTIMANALE
Massimo Biliorsi - gennaio 2006
"Un sentito omaggio al Mediterraneo, con una formazione che coglie molti aspetti della musica etnica. Stefano Saletti, leader dei Novalia, riunisce
in questo progetto musicisti di primissimo livello da ensemble come
Nuklearte, Agricantus, Klezroym, Acustimantico e Beatipaoli. Una sorta di
evocativo itinerario sempre in bilico fra oriente e occidente, alla ricerca
di un linguaggio musicale originale, sicuramente raggiunto nelle magnifiche
undici tracce di un disco prodotto e distribuito dalla Compagnia Nuove Indye."
FOLK BULLETTIN
Tiziano Menduto - novembre 2005
"Stari Most era il Ponte Vecchio che sulla Neretva rappresentava fisicamente e simbolicamente l'incontro e il passaggio tra Occidente e Oriente e evidenziava la possibilità che cattolici, musulmani e ortodossi potesse dialogare. Nel '93, durante la feroce guerra dei Balcani, questo ponte fu fatto crollare da chi pensava che questo dialogo potesse costituire un pericolo. E sul ricordo e sull'importanza dell'incontro e del dialogo tra culture è imperniato questo progetto di collaborazione tra Stefano saletti (fondatore e leader dei Novalia) e la Piccola Banda Ikona (Ramya, Elvira Impagnatiello, Mario Rivera, Giovanni Lo Cascio, Carlo Cossu, Gabriele Coen, Alessandro Mancuso, Gabriel Zagni, Giuseppe Tortora,...). Un progetto che se non riesce a dire qualcosa di particolarmente originale - ormai il panorama musicale dei progetti di viaggio e incontro delle culture e dei suoni del Mediterraneo è fin troppo ricco - ha la peculiarità di raccontare in diverse lingue: siciliano, ebraico, serbo-croato, arabo, francese, greco antico e il lingala portato in Europa da molti africani. Per gli strumenti si incontrano bouzouki, darbouka, oud con altri strumenti più "occidentali" e tecnologicamente avanzati. Lo spazio che l'elettronica prende è equilibrato, capace di sposarsi con le composizioni - non sono tradizionali e vagamente sono ispirate ad atmosfere mediterranee - e di sorreggere le timbriche degli strumenti acustici. Certo un progetto musicale non può fare molto in giorni - e parlo dei nostri giorni - in cui l'incontro tra culture sembra basarsi su feroci guerre e attentati... Ma ricordare un simbolo come lo Stari Most fa bene alle nostre speranze."
LA BRIGATA LOLLI
Leon Ravasi - 6 ottobre 2005
"Non ho dubbi: è un grande disco. Uno dei migliori sentiti quest'anno. Disco intenso, d'atmosfera e di passione. Disco ottimamente scritto e ancora meglio eseguito. E se vi sembra che Stefano Saletti e la Piccola Banda Ikona escano un po' dal nulla, forse andando a leggere i nomi di chi vi fa parte e risalendo un po' per la loro storia si avranno una serie di sorprese. Stefano Saletti, il band leader, è stato per anni spina dorsale dei Novalia (sedici, per l'esattezza), condivendo la "militanza" e ben 10 dischi con quel Raffaello Simeoni che quest'anno ci ha deliziato con "Controentu". Ebbene sì: gli ex Novalia, separatamente, ci hanno dato due dei dischi più belli dell'anno!
E Stari Most, il ponte di Mostar a schiena d'asino, crocevia e punto di incontro tra Oriente e Occidente, distrutto durante l'ultima guerra dei Balcani, proprio questo stava a testimoniare. L'album suona compatto e duttile, come un macigno di pietra friabile, dove ogni canzone è un grano di riso, un chicco di sabbia, una sorpresa musicale, un merletto vocale. Non c'è una sola nota fuori posto e non ci sarebbe spazio nemmeno per una nota in più, ma non perché il disco sia lungo, anzi, spiace quando finisce e non si può fare a meno di rimetterlo da capo. Perché è un lavoro denso. Come miele da prendere con cautela e da far colare per accostarlo al gusto dei formaggi o all'acido dello yogurt, perché si sa che troverà la sua armonia. E' una musica dai colori di miele e dal gusto di miele, anche se parla di argomenti, accenna ad argomenti che fanno parte dell'epica dell'uomo e che trovano la propria origine in brani di Aristofane ("Le vespe", segnatamente), in frammenti di Archiloco o nei versi di Predrag Matvejevic o Izet Sarajlic o Saffo.
Questione di sfumature in un disco che stacca le mitiche cinque stelle dal primo ascolto e che non smette di piacere nemmeno dopo due settimane di continuati ascolti pluriquotidiani. Ho almeno 30 ore di Stari Most nelle orecchie e non desidero smettere. Con Capone & Bung Bangt e Massimo Larocca questo è il terzo disco che mi rende memorabile la stagione. E non è poco!".
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FUORI DAL MUCCHIO
Gianluca Veltri - giugno 2005
"Una koinè mediterranea, dalla tradizione sefardita a quella siciliana, dai Balcani alla Francia. Il simbolo di questa koinè è il ponte di Mostar, abbattuto nel 1993. Quel simbolo univa l’Europa all’Est, era la sintesi di un incontro che si voleva non più vitale, distruggendolo. E invece il Mediterraneo, pur nelle mille insenature delle sue mille storie, continua a parlarci di incontri e mescolamenti. È questo il senso della Piccola Banda Ikona, un combo trasversale che raccoglie elementi dei Klezroym (Gabriele Coen), rubando agli Agricantus (Mario Rivera, Elvira Impagnatiello) e ai Novalia (Giovanni Lo Cascio), attingendo agli Acustimantico (Carlo Cossu) e ai Beatipaoli (Alessandro Mancuso). Il tutto sotto la regia del band-leader Stefano Saletti, a sua volta fondatore dei Novalia, che imprime al lavoro un sentore di concept.
L’idea di incontro assume una necessità programmatica (interna al progetto), veicolata dalla musica, dai suoni, dalle parole. Come quelle di “Chayalim” (“Soldati”), cantati da Gabriel Zagni: “Ci sono state feste in cui noi tutti ridevamo / e adesso siamo tutti soldati”. O quelle cantate dalla Impagnatiello nella bellissima “Vasa Miskin”, ispirata alla strage del mercato di Sarajevo, che sembra tratta dal repertorio di Kate Bush. Incontro sincronico di modi e timbri, del darbouka e dei programmings, di noises e oud. Mediterraneo di Padrag Matvejevic, lo scrittore croato che ha ispirato molti angoli di “Stari Most”; del poeta Izet Sarajlic ma anche di Archiloco e Aristofane, che hanno dettato i testi di diversi brani, tra cui “Aion”, nella quale Saletti scorazza con la e-bow guitar. Dai classi greci a Robert Fripp, perché no".
SONIC
Homer - giugno 2005
"Nel progetto di Stefano Saletti l’intento di fondere le diverse culture del Mediterraneo. In “Stari Most” l’autore cerca di unire tutti i popoli che nel passato e nel presente si sono affacciati sul questo mare ricco di storia e tradizioni, utilizzando strumenti e le diverse lingue che derivano dalle storie e dalle popolazioni protagoniste di questo viaggio.
Greco, arabo, siciliano, bosniaco sembrano qui fondersi nell’omogenità del cd che crea un ideale ponte che scopre magicamente collegate persone nemmeno consapevoli di questa magia. Non a caso il titolo del disco prende il nome dal vecchio ponte di Mostar in Bosnia, fatto crollare nel 93. Con la collaborazione di tanti artisti vengono create basi elettroniche sulla quasi si sviluppano trame acustiche ed atmosfere malinconiche, con testi in diverse lingue che sanno amalgamarsi perfettamente nel sentimento e nella vista unica che li unisce. Il punto più alto del cd è certamente l’opener “Pleiades” splendida nell’arrangiamento e nel phatos creato, vanno citate in ogni modo anche “Vasa Miskin” e “Thalatta”, in ogni modo tutte le composizioni si dimostrano artisticamente molto valide. Un disco che sa ammaliare e che va consumato tutto d’un fiato".
CITY MUSIC
Emilio Sacco - maggio 2005
"Davvero una bella prova quella di Stefano Saletti, convincente e soprattutto coerente con le scelte di fondo di un musicista che fa del dialogo interetnico e dello scambio costante tra culture e sonorità di mondi differenti il proprio punto di riferimento artistico".
Per leggere tutta la recensione clicca qui.
INTERVISTA A STEFANO SALETTI - CITY MUSIC
Emilio Sacco - maggio 2005
"Chi non conosce Stefano Saletti perde una grande occasione per incontrare un artista che ti stupisce per l’immediatezza del suo linguaggio musicale, semplice ed espressivo, che non ha bisogno di molte spiegazioni per raggiungere l’obiettivo: parlarti al cuore.
Compositore, musicista (inseparabile dal suo bouzouki!), arrangiatore, giornalista, studioso delle tradizioni musicali popolari dell’Italia Centrale, ma sensibile alle rarefatte atmosfere Mediterranee e Orientali".
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